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The last case of Benedict Fox

The-Last-Case-of-Benedict-Fox-Recensione.
Un'avventura capace di parlare dentro e fuori dallo schermo
La perfetta simbiosi tra una narrativa alla Lovecraft con la resa grafica e stilistica ispirata alle immagini di Tim Burton rendono questa esperienza di gioco immersiva e totalizzante. Preparati ad affrontare demoni della mente e dell'anima dei personaggi che che ti ricambieranno con la medesima moneta.
Trama e narrativa
10
Gameplay
7.5
Comparto estetico
8
Comparto tecnico
5
Comparto audio
6
PRO
Narrativa Lovecraftiana
Ambientazione oscura e misteriosa
Resa grafica di ispirazione Burtone-esque
Forte impatto immersivo
CONTRO
Meccanica di gioco contorta
Pessima coniugazione tra voiceover e sottotitoli
Resa audio dei dialoghi scadente
7.3
The-Last-Case-of-Benedict-Fox-Recensione.

Sarebbero tanti i falsi miti da sfatare quando si parla di giochi indie. Molti di questi tendono a dipingere questa categoria come un sottogenere dei videogiochi reputati “veri”, vedendoli semplicemente come prodotti di marketing realizzati a basso costo, con grafiche e meccaniche di gioco elementari. The Last Case of Benedict Fox, come tanti altri prima di lui, dimostra quanto tutto questo non sia vero.

Rimarca a pieno titolo quanto l’esperienza videoludica sia capace di trasportarci in un mondo tutto nostro, dove la realtà intorno a noi si annulla e dove siamo liberi di sperimentare ed esplorare senza limiti. Ci pone davanti alla sottovalutata realtà dei fatti che i videogiochi non siano solo intrattenimento o, come ci hanno abituati a credere, una perdita di tempo.

Dagli Indie ai titoli tripla A, non c’è limite a quanto dentro possa entrarti dentro una storia, realistica o fantascientifica, quando è realizzata nella maniera giusta, al di là delle meccaniche o della sofisticatezza dei mezzi utilizzati per realizzarla.

Un viaggio contro i demoni della mente e dell’anima

É finalmente arrivato quello che era stato annunciato come uno dei giochi Indie più promettenti di questo 2023: The Last Case of Benedict Fox.

Prodotto dalla Plot Twist Games e Pubblicato dalla Rogue Games, il gioco ci fu presentato già in occasione della Gamescom 2022, con un primo trailer molto enigmatico. Da allora le notizie in merito al suo sviluppo sono state quasi assenti, fino alla rivelazione della tanto attesa data d’uscita ufficiale fissata per il 27 Aprile 2023. La Plot Twist ci ha però tenuto a stuzzicare la nostra curiosità con un’ultima sorpresa. Infatti, quasi a ridosso del lancio, il 5 Aprile, ci ha regalato un piccolo gameplay giocato e commentato da uno degli sviluppatori. Da allora non abbiamo potuto fare altro che aspettare.

Il gioco è stato rilasciato come esclusiva Microsoft, fruibile quindi solo su console Xbox Series X|S, su PC e reso disponibile sul GamePass già al Day One.

La Plot Twist ci aveva promesso un’esperienza Noir ed enigmatica, seppur non lineare, con diversi colpi di scena ed un’esperienza immersiva tramite un susseguirsi di mondi paranormali. Ma soprattutto ci aveva promesso quello che maggiormente ha incuriosito gli amanti del genere: una narrativa Lovecraftiana con uno stile artistico ispirato al tocco eccelso di Tim Burton.

Noi abbiamo provato il gioco al Day One e dopo circa sei/otto ore in cui ci siamo divertiti ad esplorare ogni meandro del modo di gioco grazie al nostro Benedict, è giunto il momento di vedere se queste aspettative sono state disattese o se l’attesa è valsa la pena.

Trama e Narrativa

Ci troviamo nella Boston del 1925. Il nostro viaggio ha inizio nel palazzo principale, la Mansion, di proprietà del padre del nostro protagonista, Benedict. Come ogni Indie che si rispetti, la trama e lo sviluppo del gioco sono appannati e vaghi in questa prima fase di gioco, ma questo elemento contribuisce ad aumentare l’alone di mistero che aleggia non solo intorno alla casa, ma anche intorno a Benedict, che ci viene presentato come un investigatore alle prese con l’omicidio del padre e della sua seconda moglie. Solo più avanti si scoprirà anche la presenza di un bambino probabilmente rapito.

Investigando ed esplorando grazie a lui ed insieme a lui dissiperemo a poco a poco questa nebbia.

Il primo elemento che salta all’occhio è quello che viene presentato come l’inseparabile compagno di viaggio di Benedict. Non a caso chiamato proprio Companion, questo è un demone che alberga dentro di lui e che durante il gameplay fungerà non solo come principale arma per combattere e proteggerci dai nemici che incontreremo, ma anche come voce interiore che ci guiderà nel nostro cammino.

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È proprio grazie a questo compagno che Benedict si mostra capace di penetrare la mente e i ricordi dei cadaveri che si troverà davanti. Preso possesso di questo mondo parallelo, ci sarà data la possibilità di investigare nell’anima dei personaggi alla ricerca di indizi, combattendo sempre nuovi demoni che troveremo come guardiani da sconfiggere per poter discendere sempre di più nell’anima altrui.

Questo mondo parallelo viene chiamato proprio Limbo. Esso non sarà esplorabile interamente, ma saranno necessarie diverse discese. Ogni discesa nell’anima oscura dei nostri personaggi, permetterà di portare alla luce nuovi segreti per unire i tasselli della casa misteriosa.

Nelle menti di questi cadaveri ci troveremo davanti a magie e pozioni, artefatti e ricordi. Grazie a una serie intricata di puzzle da risolvere e nemici sempre più potenti, saremo poi in grado di progredire nel gameplay, scoprendo la presenza di un bambino, figlio dei proprietari di casa, che risulterà scomparso.

Cercando di capire cosa è davvero avvenuto all’interno dell’angusta magione, Benedict si troverà di fronte anche al suo passato, combattendo le sue paure più profonde.

La narrativa si pone oscura e misteriosa, incoraggiandoci e incuriosendoci a continuare. Risulta fluida e coinvolgente e ci pone inevitabilmente anche a confrontarci con noi stessi.

Risulterà presente anche una ORG (Orphan Resocialisation Guild) che ci verrà presentata già nei primi minuti di gioco. L’organizzazione fu fondata da orfani e bambini con lo scopo di evocare demoni da impiegare in oscuri rituali. Oltre a questa ORG, comparirà anche l’Ordine, che avrà un inaspettato contributo su di essa.

Viaggiare nelle profondità della mente dei defunti si dimostrerà, quindi, sempre più complesso. Più in profondità si scenderà e maggiori saranno le difficoltà. Più in profondità discenderemo e più ci avvicineremo a quella parte più oscura e segreta dell’anima che viene taciuta al mondo e nascosta nelle recondite aree di ognuno di loro. Questa sarà chiamata Twilight Zone e sarà accessibile solo quando Benedict avrà trovato una torcia. La luce capace di fendere le tenebre delle anime.

Gameplay

The Last Case of Benedict Fox è stato sviluppato con la stragrande maggioranza di quelli che sono gli elementi associati ai giochi roguelike. Tra i principali potremmo citare il Permadeath, la complessità che da esso ne deriva e la scarsità delle risorse a nostra disposizione, così come un focus sui mostri da combattere e un’enfasi particolare sull’esplorazione e la scoperta.

Non a caso è stato scelto di svilupparlo come un metroidvania. Con un gameplay in 2.5 D che fonde motori grafici 3D limitando comunque il movimento in 2D.

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Di conseguenza avremo uno scorrimento orizzontale con mappe interconnesse. Tali mappe andranno ripercorse molteplici volte per poter accedere, tramite potenziamenti, a nuove zone.

La visuale sul nostro personaggio sarà gestita tramite la terza persona ed il combat system impostato sull’utilizzo del suo demone interiore come forma di protezione e, inizialmente, sull’utilizzo di un pugnale e di una pistola. Col progredire della storia e andando incontro al crescente aumento della difficoltà di gioco sarà possibile potenziare tali risorse e acquistarne di nuove.

Il potenziamento del personaggio invece avrà una curiosa sorpresa. Esso infatti avverrà tramite tatuaggi sul corpo di Benedict che andranno però a rafforzare il nostro Companion. Lui diventerà più forte mentre noi resteremo gli stessi. Potenziando il Companion, lui acquisterà nuove capacità sia in attacco che in difesa e fornirà inoltre a Benedict la possibilità di sbloccare nuove aree di gioco.

I puzzle disseminati in tutto il mondo di gioco, inoltre, richiederanno la ricerca di indizi e manufatti per poter essere sbloccati.

Unendo enigmi e combattimenti si dimostrerà essenziale utilizzare non solo una ferrea strategia, ma anche intuito e concentrazione. La più forte arma di Benedict saremo infatti noi ed il nostro ingegno.

Il cuore di tutto il gioco è l’oscura casa di cui abbiamo discusso poc’anzi. È l’unica area nella quale saremo al sicuro. Durante la scoperta del limbo infatti si apriranno portali che ci permetteranno di teletrasportarci all’interno della safe zone o di ricaricare le nostre risorse e di mettere al sicuro l’inchiostro che guadagneremo combattendo.

L’inchiostro? Si. Questo elemento si unisce a quello del permadeath ed è molto importante. Giocando saranno due le risorse da tenere al sicuro. In primis l’inchiostro, che collezioneremo sconfiggendo i mostri e che ci servirà per i tatuaggi di potenziamento. In secondo luogo, insieme ai manufatti e ai segreti svelati dalle nostre indagini, acquisteremo Bits N’ Pieces of memories. Questi frammenti di memorie e ricordi potranno essere spesi per il potenziamento del nostro equipaggiamento.

Al momento della morte i Bits N’ Pieces verranno conservati, ma l’inchiostro invece verrà perso nel luogo in cui moriremo. Ovviamente quello che avremmo immagazzinato nei punti di teletrasporto rimarrà tra le nostre risorse. L’inchiostro perso invece potrà essere recuperato solo nell’area della nostra morte.

Inoltre questo potrà essere raccolto dai nemici presenti nel luogo della nostra morte. Questi diventeranno più forti dei comuni demoni e sarà necessario batterli per poter riavere indietro l’inchiostro. Se soccomberemo di nuovo prima di averlo recuperato, quel progresso andrà perso.

Il caos sarà il nostro più grande nemico così come il nostro sangue freddo e la nostra strategia saranno i nostri più grandi alleati.

Parlando invece di difficoltà, è possibile scegliere tra diverse impostazioni: Relaxing, Default e Challenging. Inoltre, nel caso della difficoltà base ci è data la possibilità opzionale di rendere Benedict immortale, mentre per la dimensione più ardua ci è data la possibilità di selezionare l’opzione per la quale qualunque nemico potrà sconfiggere Benedict con un unico colpo.

Comparto estetico

Come già accennato, la promessa principale della Plot Twist era un’unione tra Lovecraft e Tim Burton. Un Lovecraft maestro di trame oscure e misteri della mente. Uno stile permeato da quello che lui stesso ha definito “conoscenza proibita”. Le sue opere, associate spesso al neo-movimento del soft weird, vengono riconosciute dalla perfetta sincronia tra horror, fantascienza, dark e low fantasy.

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Possiamo dire che la prima promessa è stata mantenuta egregiamente. Il tocco lovecraftiano permea infatti l’intera narrativa.

I più fiscali di noi potrebbero citare un banalissimo esempio. Infatti già dalla prima apparizione della Mainson, dove ci è dato aver un primo accenno della nascente mappa di gioco, il primo pensiero non può che andare alle Mansions of Madness, gioco da tavolo interamente basato sui racconti di Lovecraft.

Ma passiamo ora a Tim Burton. La stragrande maggioranza di noi si è trovato almeno, una volta nella vita, davanti a una delle sue opere. Che si parli di un film o di un prodotto d’animazione, il suo stile è, e resterà, sempre unico. La sua abilità di porci davanti ad un perfetto connubio tra l’iper-realtà delle emozioni e una nuvola di fantasy e mistero quasi tenebroso, ha da sempre reso le sue opere capaci di porci velatamente davanti ai limiti più profondi e oscuri all’interno di ognuno di noi.

Che dire, la Plot Twist è stata decisamente determinata a tener fede alle sue promesse.

In The last Case of Benedict Fox assistiamo ad una trasposizione dell’immaginario lovecraftiano tramite lo stile ed il linguaggio tipici del noto regista.

Ci ritroveremo immersi in una grafica semplice, tipica dei Rogue Games, con un’ambientazione oscura e misteriosa che non ha nulla da invidiare a giochi di maggiore portata.

Comparto audio

La componente sonora di questo gioco ha poco da farci commentare. Come la maggior parte dei giochi del suo genere, gli elementi sonori si riducono alla musica di gioco che ci accompagna e al voiceover.

Partendo dal primo, alla base del gioco troviamo un forte amore per la musica Jazz dei primi anni 20, non solo come accompagnamento del nostro personaggio, ma anche con rimandi a collezionabili sotto forma, ad esempio, di vinili riproducibili. Anche l’ambientazione si armonizza bene con lo stile di quei tempi.

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Punto a sfavore del gioco è però il voiceover ed il conseguente accompagnamento dei sottotitoli. Infatti il gioco è interamente in inglese con la possibilità di impostare sottotitoli in varie lingue, tra cui l’italiano. Tuttavia spesso le voci si sovrappongono creando non solo confusione all’interno del gioco, ma fungendo anche da elemento limitante per coloro che, meno avvezzi all’inglese, si affidano ai sottotitoli.

Oltre a questa difficoltà, i sottotitoli si armonizzano malissimo con il voiceover. Tendono a sparire troppo rapidamente non permettendo al giocatore di seguire i dialoghi. Altre volte invece rimangono troppo a lungo sullo schermo, fungendo da elemento non solo frustrante, ma anche limitante per la comprensione generale.

Sottolineiamo infatti che la media standard vorrebbe sottotitoli di massimo 37 caratteri che rimangono sullo schermo per un massimo di sei secondi. Scendere al disotto di tale cifra limita la lettura, mentre salire eccessivamente al di sopra dei sei secondi rende la lettura frustrante. Non solo i sottotitoli nei videogiochi in genere rispettano raramente tali procedure, ma, come del caso di The Last Case of Benedict Fox si coniugano orribilmente al voiceover.

Comparto tecnico

Procedendo per step, anche qui dobbiamo mantenerci su una linea abbastanza tirata. Iniziando dai comandi di base, il gioco ci permette di giocare sia tramite tastiera che con l’utilizzo di un controller. La stessa Plot Twist consiglia la seconda opzione. Tuttavia, la meccanica del sistema di controllo risulta eccessivamente contorta sia per giocatori da tastiera che per chi è più amante dei controller.

Nel primo caso i tasti sono disseminati e selezionati in maniera decisamente scomoda e poco intuitiva. Nel secondo invece sono impostati in modo tale da essere per lo più discosti da quelli solitamente associati a determinati tasti. Per cui giocando per abitudine in maniera automatica, si rischia di confondere i tasti perdendo azioni di gioco.

Spostandoci su un piano più generale, il setting ci permette diverse customizzazioni dell’esperienza di gioco. Il primo elemento che ci viene chiesto di considerare è l’adattamento grafico dei colori, con un settaggio molto semplice ed elementare.

Sommariamente però l’esperienza di gioco risulta stranamente fluida. Nonostante i numerosi test eseguiti mostrino diversi Spike in relazione ai frame time. Questi avvengono quasi esclusivamente durante i caricamenti e i cambi di ambientazione, non interrompendo quindi l’azione di gioco. Alcuni sono stati notati in corrispondenza di combattimenti particolarmente intensi, ma senza interrompere la fluidità del gioco.

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Verdetto • The twilight into the twilight

La Plot Twist ha premuto molto sul fatto che il tema cardine di tutto il gameplay sia “the insurmontable confict between an individual and his fate, culminating in an inevitable defeat”. Sarebbe estremamente superficiale sorvolare su una frase di tanto spessore.

Ogni storia ha qualcosa da raccontare. Ogni storia ha un nascosto sottotesto, una morale, che vuole lasciare a chi avrà la voglia e il desiderio di ascoltarla. Quando parliamo dei videogiochi però, noi siamo non solo ascoltatori, ma anche gli esecutori e The last Case of Benedict Fox ha la capacità di lasciare ad ognuno di noi il nostro personale sottotesto, la nostra morale privata.

Stiamo parlando di discendere nell’anima e nei ricordi. Di mostri da combattere nella mente e nel corpo. Di sconfitte e vittorie contro il fato e contro noi stessi. Di traumi e zone recondite e oscure nelle celate profondità dell’anima. Di organizzazioni messe su da bimbi orfani. Ma, soprattutto, stiamo parlando di un Companion che non si presenta come un normale NPC fungendo da supporto al main character, ma di un demone. Un demone che ci accompagna ma non ci distrugge.

E come ogni storia che sappia parlare a traumi e mostri interiori, quella di Benedict Fox non può che andare a toccare le corde più dolorose di tutti noi seduti dall’altra parte dello schermo.

Non ti forniremo una speculazione o una spiegazione di questi traumi. Ma ti lasceremo alcune domande, nella speranza di mostrare a pieno la potenza di questo “Last Case”.

Quale bambino non converte l’orrore in quelli che imparerà a chiamare “mostri sotto il letto”. E quale bambino, una volta cresciuto, non scopre che quelle paure, dalle profondità dei nostri letti si sono spostati nelle profondità delle nostre anime?

Chi di noi saprebbe far entrare qualcuno nei propri ricordi a combattere i propri demoni? Quanti di noi soccombono a questi? O meglio ancora, quanti di noi hanno preferito lasciar vagare quei demoni indisturbati pur di sopravvivere?

Chi di noi può affermare che, entrando nelle nostre anime non si troverebbero traumi e cicatrici, mostri e demoni senza volto? Volti che solo noi sappiamo riconoscere e nemici che nessuno può sconfiggere per noi.

Chi di noi non ha quella Twilight zone, inaccessibile al mondo e inaccessibile a noi stessi? Quel luogo freddo ed angusto che è stato relegato così in profondità da fungere come primo tassello della persona che siamo oggi.

E infine la domanda più dura di tutte: quanti di noi hanno la forza, il coraggio e la determinazione per prendere tutti quei mostri, tutti quei traumi, tutta quella oscurità e, invece che soccombere, farne un Companion. Un Companion che, seppur doloroso, è potuto passare dall’essere la più grande cicatrice nei nostri ricordi ad essere la nostra più grande difesa?

Con queste domande ti lasciamo alle tue considerazioni, suggerendoti caldamente di provare questa esperienza. Abbandonata le resistenze sulla macchinosità dei comandi e abbracciata la resa grafica, ma soprattutto la narrativa, verrai trascinato in un mondo capace di parlarti dentro e fuori dallo schermo.

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